IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella controversia in materia di previdenza n. 710/1995 fra Bondo Lucia contro l'INPS sciogliendo la riserva, vista l'eccezione di incostituzionalita' sollevata dai dott. pr. Sandro Bravo e Marcella Regazzoni dell'art. 1 del d.-l. 28 marzo 1996, n. 166, in relazione agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 38, 102 e 113 della Costituzione nei seguenti termini: "A) il primo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 166/1996 nella parte in cui prevede che "il rimborso delle somme, maturate fino al 31 dicembre 1995, sui trattamenti pensionistici erogati dagli enti previdenziali interessati, ... e' effettuato mediante assegnazione .. di titoli di Stato ... in sei annualita'" e' in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione; B) il secondo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 166/1996, nella parte in cui prevede che "nella determinazione dell'importo maturato al 31 dicembre 1995 non concorrono gli interessi e la rivalutazione monetaria" e' in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione; C) il terzo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 166/1996, in quanto prevede che "I giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto avente ad oggetto le questioni di cui al presente articolo sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese tra le parti. I provvedimenti giudiziali non ancora passati in giudicato restano privi di effetti", e' in contrasto con gli artt. 3, 24, 25, primo comma, 102 e 113 della Costituzione". E per i seguenti motivi: "E' evidente che la disposizione contenuta al terzo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 166/1996, con palese violazione degli artt. 24 e 25, primo comma, della Costituzione, vanifica il diritto alla tutela giurisdizionale con riferimento all'esercizio di una azione resa necessaria, a fronte del perdurante inadempimento dell'Istituto di previdenza, per la difesa di posizioni soggettive che la Corte costituzionale ha ritenuto direttamente garantite dalla Costituzione e che, cio' nonostante, l'INPS ha sempre rifiutato di riconoscere in fase amministrativa e nel presente giudizio, opponendo una resistenza pervicace e non giustificata. La compromissione del diritto di difesa appare tanto piu' grave e clamorosa considerato che la dichiarazione di estinzione dei giudizi pendenti consentirebbe all'amministrazione di rimettere in discussione, caso per caso, la misura della prestazione dovuta e l'esistenza stessa di una pretesa giusta fatta valere dall'avente diritto e riconosciuta dall'orientamento della giurisprudenza risalente e consolidata dalla Corte di cassazione, recepito dalla sentenza n. 495/1993 della Corte costituzionale. L'Ente previdenziale, convenuto per l'inadempimento di obblighi e di compiti istituzionali, sarebbe assolto dal giudizio e lasciato arbitro di decidere del tutto discrezionalmente e secondo valutazioni di mera convenienza, gia' espresse nelle pretestuose ecccezioni sollevate in corso di causa, dell'esistenza e dell'entita' delle proprie obbligazioni nei confronti di soggetti che verrebbero privati dei normali rimedi giurisdizionali. La violazione delle garanzie espresse negli artt. 24 e 25 della Carta costituzionale investe il terzo comma dell'art. 1, del decreto-legge n. 166/1996, altresi', per la parte relativa alla compensazione delle spese, sottraendo al giudice naturale, e a qualsiasi possibilita' di giudizio, anche tale componente "accessoria" della controversia. Nel caso di specie la lesione di posizioni soggettive si accompagna, inoltre, all'illegittima interferenza (nell'esercizio) del potere legislativo nella sfera di attribuzioni del potere giurisdizionale, in contrasto con gli artt. 102 e 113 della Costituzione. L'estinzione dei giudizi pendenti precluderebbe l'esame del merito e, dunque, la pronuncia di una sentenza di condanna avente un contenuto rispetto al quale e' ostativo, in misura rilevante, il dettato delle altre norme censurate. Secondo il principio accolta dalla Corte costituzionale (Corte costituzionale 10 dicembre 1981, n. 185, Foro I., 1982; Corte costituzionale 10 aprile 1987, n. 123, Foro I., 1987, I., 1351; Corte costituzionale 31 marzo 1995, n. 103, Foro It., 1995, I, 1731) e' evidente, dunque, che la disposizione del terzo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 166/1996 non puo' sottrarsi a censura di illegittimita' costituzionale, in quanto appartiene a un atto normativo che non solo ha per effetto di ampliare o arricchire l'ambito di situazioni giuridiche gia' tutelate, ne' ha contenuto innovativo nel sonso di riconoscere ex novo diritti o pretese fatte valere nei giudizi di cui si predica l'estinzione, bensi' limita, pone nel nulla e nega piena soddisfazione a diritti preesistenti. La previsione di una indiscriminata estinzione dei giudizi instaurati per la tutela di tali diriti impedisce, infine, senza rimedio, l'esercizio del diritto di denunciare l'illegittimita' dello ius superveniens contenuto nelle norme sostanziali del medesimo atto legislativo, che erodono diritti gia' entrati a far parte del patrimonio dei ricorrenti. D'altra parte, si possono avanzare riserve, benche' non decisive per l'accoglimento delle questioni di illegittimita' sollevate nel presente giudizio, sulla ratio del criterio discretivo che induce la Corte costituzionale a ritenere conformi a principi disposzioni che prevedono l'estinzione di giudizi pendenti e l'inefficacia di decisioni non passate in giudicato "allorche' la legge sopravvenuta abbia soddisfatto, anche se non integralmente, le ragioni fatte valere nei giudizi di quali imponeva l'estinzione" (Corte costituzionale 31 marzo 1995, n. 103, Foro It., 1995, I, 1731). Infatti, disposizioni di tale tenore impediscono comunque che sull'interpretazione e applicazione della norma (quand''anche nuova e favorevole) si pronunci il giudice naturale precostituito per legge e non consentono al titolare della pretesa fatta valere in giudizio di ottenere un provvedimento avente efficacia esecutiva e attitudine al giudicato, suscettibile di attuazione coattiva sia nelle forme dell'esecuzione ordinaria, sia, trattandosi di contenzioso pendente nei confronti di pubbliche amministrazioni, attraverso l'instaurazione di un giudizio di ottemperanza. Norme come quella censurata rimettono all'abitrio del debitore di determinarsi in ordine all'effettivo adempimento dell'obbligazione, precludendo al creditore l'accesso al rimedio dell'esecuzione forzata, che rappresenta la garanzia dell'effettivita' della tutela giurisdizionale. Ogni valutazione in merito all'esistenza, al contenuto e alle modalita' di esecuzione della prestazione dovuta, viene abbandonata a considerazioni della parte onerata. L'eventuale riproponibilita' dell'azione, sulla quale incidono, peraltro, gli effetti negativi di decadenze e prescrizioni, non esclude ne' attenua il contrasto con gli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione dell'artificio congegnato nella disposizione di cui all'ar. 1, terzo comma, d.-l. n. 166/1996, che "impedisce o comunque rende particolarmente oneroso ogni ulteriore tentativo di difesa da parte degli interessati" (Corte costituzionale 10 aprile 1987, n. 123, Foro It., 1987, I, 1351). Con riferimento alle eccezioni sub a) e b), risulta evidente che le disposizioni contenute nei commi 1 e 2 dell'art. 1 del d.-l. n. 166/1996 sono in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione in quanto sottopongono i crediti di cui e' causa ad un trattamento risarcitorio che appare, sotto diversi profili, deteriore rispetto a quello previsto per ogni altro credito, e cancellano parte del credito conseguente all'inadempimento di cui e' responsabile l'Istituto di previdenza. Le considerazioni svolte confermano i rilievi di grave illegittimita' delle norme in esame, siano esse singolarmente considerate, siano riguardate nel loro complesso, in quanto operano una sostanziale vanificazione della via giurisdizionale intesa quale mezzo per l'attuazione di diritti preesistenti". Ritenuto che l'eccezione e' rilevante ai fini della decisione in quanto appare evidente l'interesse dei ricorrenti e non vedesi dichiarato estinto il giudizio e la pregiudizialita' dell'estinzione, rispetto ad ogni questione di merito (punto c); Ritenuto altresi rilevanti ai fini della decisione le eccezioni di cui ai punti a) e b), incidendo sul merito della domanda; Rilevato che la questione di cui al punto c) non e' manifestamente infondata in quanto in contrasto con gli artt. 3, 24, 25, primo comma, 102 e 113 della Costituzione vanifica il diritto alla tutela giurisdizionale prevedendo l'estinzione dei giudizi pendenti, con preclusione peraltro dell'esame di tutte le numerose eccezioni preliminari avanzate dall'Ente convenuto (prescrizione di legge, decadenza ex art. 6 legge n. 166/1991 e art. 4 decreto-legge n. 384/1992, estinzione dell'obbligazione per intervenuto adempimento, carenza di reddito, rigetto nel merito nel caso di decesso del dante causa del ricorrente da lavoratore e non da pensionato); che di fatto quindi alla dichiarazione di estinzione del giudizio non conseguirebbe comunque riconoscimento e soddisfacimento (anche se parziale) delle aspettative del ricorrente in quanto lo stesso potrebbe vedersi opporre le medesime eccezioni da parte dell'Ente, dopo essere stato privato della tutela giurisdizionale; che anche per quanto riguarda la compensazione delle spese manifestamente non infondato e' il rilievo di incostituzionalita' nei confronti degli artt. 24 e 25 della Costituzione, in quanto viene sottratto a qualsiasi giudizio tale componente accessoria della controversia; che inoltre questo pretore rileva altresi' sul punto profili di incostituzionalita' anche in relazione all'art. 36 della Costituzione, in quanto per consuetudine le cause in oggetto vengono trattate gratuitamente dai difensori nei confronti dei clienti inviati dai patronati e la compensazione delle spese condurrebbe alla perdita delle somme anticipate e degli onorari dovuti; Rilevato che la questione sub a) non e' manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione; che infatti, pur considerati i giudizi espressi nella sentenza Corte costituzionale 31 marzo 1995, n. 103, sussistono seri dubbi sulla adeguatezza e la sufficiente tempestivita' della risposta data dal legislatore alle aspettative dei ricorrenti costituenti diritti degli stessi a seguito delle sentenze n. 498/1993 e n. 240/1994, anche sotto il profilo della eta' avanzata dei pensionati, per cui la rateizzazione delle somme in sei annualita' appare inadeguata, rischiando addirittura di giungere dopo il decesso dell'interessato (e peraltro nulla potrebbe essere dovuto neanche agli eredi ai sensi della prima parte del secondo comma dell'art. 1 legge n. 166/1996), privando cosi' il pensionato del proprio diritto; Considerato non manifestamente infondato il profilo sub b) tenuto conto della considerevole perdita che subirebbe il ricorrente con trattamento deteriore e differenziato e cancellazione in concreto di parte del credito; Ritenuta, d'ufficio, rilevante per quanto sopra espresso e non manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalita' dell'intero d.-l. 28 maggio 1996, n. 166, con riferimento all'art. 77 della Costituzione, potendosi ben non ravvisare il presupposto del caso straordinario di necessita' ed urgenza per il quale il Governo poteva adottare la forma del decreto-legge, tenuto conto del trascinarsi per anni del contenzioso e del rimborso disposto in ben sei annualita'.